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Storia
Storia di Macra
STORIA DI MACRA
ORIGINE DEL NOME DEL COMUNE
L’attuale comune fu, con il nome di Alma, una delle dodici terre dell’Alta Val Maira insieme alle comunità di Acceglio, Ussolo, San Michele, Prazzo, Marmora, Canosio, Elva, Stroppo, Celle, Lottulo e Paglieres. Appartenne al feudo dei Marchesi di Saluzzo, anche se aveva particolari privilegi e autonomia.
Dal 1928 Macra comprende anche l’antico Comune di Albaretto, dal quale fu separata nel 1602.
Il toponimo Macra si collega al nome della valle e a quello del fiume che la percorre.
L’antico nome di Alma sarebbe una variante celto-ligure di “balma” con cui si indicavano antri, cavità al riparo della roccia che si aprono numerose sulle verticali pareti carbonatiche che circondano l'abitato.
EPOCA DI FONDAZIONE
Sconosciuta; il toponimo Alma è citato per la prima volta in un documento databile tra il 1155 e il 1176.
ABITANTI A INIZIO 1900
Censimento 1901: Popolazione residente 1048; popolazione presente 960.
AVVENIMENTI STORICI PRINCIPALI
Il primo documento in cui compare Macra (con il nome di Alma) è una donazione da parte di Enrico di Montemale (1155, oppure 1176) ai canonici di Oulx, in cui tra le decime compare il vino prodotto dalle vigne coltivate localmente su terrazzamenti fin verso la metà del secolo scorso.
Il Comune di Alma fece parte del Marchesato di Saluzzo con gli altri comuni della Valle, la quale ebbe propri statuti fin dal 1254 basati sulle antiche consuetudini. Passò poi ai Savoia con il Trattato di Lione (1601) diventando feudo del Gioia di Asti. Nei secoli seguenti tutta la zona fu terra di passaggio di eserciti diversi, compresi quelli sabaudi. Ha subito lo spopolamento che a interessato tutta la Val Maira. Attualmente è vivo l’interesse nel recupero di vecchie abitazioni e sono in atto investimenti mirati alla ripresa economico-turistica.

LA STORIA
I Liguri montani. La Valle Maira, come tutte le valli cuneesi, fu abitata fin dal Neolitico da gruppi di pastori-cacciatori nomadi, i quali più tardi divennero stabili come agricoltori-allevatori. Ad essi fu dato il nome di Liguri alpini o montani e la loro presenza in quest’area, secondo alcuni, è testimoniata dall’esistenza di coppelle sulle rocce alte dell’attuale comune di Roccabruna.
La civiltà celto-ligure. Verso il VII secolo a.C. giunsero nella zona popoli indoeuropei che fondendosi con gli abitanti del luogo diedero vita alla civiltà detta celto-ligure. Le têtes coupées riscontrabili in molte costruzioni della Valle Maira sono da ricollegarsi ai riti religiosi dell’epoca.
Il dominio di Roma. Successivamente la valle fu conquistata dai romani, come attestano le lapidi marmoree di Elva, Marmora e Pagliero; i percorsi trasversali alle valli erano ritenuti importanti data l’agibilità dei valichi per il transito di merci. Ciò nonostante le popolazioni montane locali non furono incorporate amministrativamente all’Italia dell'impero romano. Le valli considerate un tutt’uno con la zona alpina d’oltralpe della medesima etnia, seppur sottomesse a Roma, ebbero una forma di gestione autonoma.
Dai barbari ai signori. Con la crisi dell’impero romano, tutte le valli alpine videro passaggi di orde barbariche che causarono scontri e distruzioni, lasciando tracce della loro presenza nel nome di località o nell’etimo delle parole. Con l’impero di Carlo Magno e dei suoi successori si diffuse il sistema feudale, che vide il predominare di piccoli signori locali spesso in lotta fra loro.
I Saraceni. Verso il 900 giunsero i Saraceni, che per circa settant’anni con le loro scorrerie saccheggiarono il territorio diffondendo ovunque terrore, morte e distruzione finché non vennero cacciati. A ricordo di ciò in Valle Maira si celebrano ancora oggi le abaias del Preit a Canosio e di Castellar a Celle di Macra.
I signori di Montemale. Dopo l’espulsione dei Saraceni, il territorio di Macra entrò a far parte dei domini del signore di Montemale. Per la prima volta nei documenti compare il nome di Alma: Auricio di Montemale nel 1156 o 1175 firmava un atto di donazione “apud Alman” ai canonici di Oulx (fondatori della cappella di San Salvatore) di decime su vari generi tra cui il vino. Ciò prova l’esistenza all’epoca di un centro abitato di una certa importanza.
L’età comunale. Con l’età comunale ebbe inizio un periodo di dinamismo produttivo e commerciale in tutta le valle, sia verso la pianura che verso la Francia; questo commercio risultò particolarmente redditizio e portò alla nascita di categorie diversificate di lavoratori.
Terra di marchesi. Nel XII secolo l’antico comune di Alma passò prima sotto il marchesato di Bonifacio di Busca e poi, con Dronero ed altri comuni, fu ceduta al Marchese di Saluzzo. Furono anni fiorenti e di benessere. Sorsero ovunque case signorili; le chiese e le cappelle furono affrescate da pittori di vaglia; crebbe la popolazione, progredirono agricoltura, artigianato ed allevamento. A Macra vennero affrescate la cappella di San Salvatore e quella di San Pietro.
Gli Statuti della Valle Maira. Nel periodo marchionale le comunità di valle ottennero il diritto di mantenere le proprie consuetudini: sulla base di questi “bonos mores et consuetudines”, più tardi, vennero composti gli Statuti della Valle Maira: un complesso di leggi che permettevano una forma di autogoverno e autonomia rispetto al potere signorile.

Tra il Cinquecento e il Seicento. Nel Cinquecento in Valle Maira si diffuse il calvinismo. Col tramonto del marchesato di Saluzzo, nel 1601 il territorio passò sotto i Savoia. Questi lasciarono la zona di Alma in feudo all’auditore Gioia di Asti con il titolo di conte (1613).
Intorno al 1630 giunse la peste (quella descritta dal Manzoni nei "Promessi sposi") che decimò la popolazione.
Terra di Conti. Nel Seicento-Settecentoeserciti vari percorsero la valle e vi si scontrarono; all’epoca risale la “via dei cannoni” che univa le valli Varaita-Maira-Grana-Stura. A metà del Settecento Alma fu feudo delle famiglie Ponte e Porporato (residenti a Torino) aventi titolo di conte, mentre Albaretto fu feudo della famiglia Ponte-Falcombello (residente a Perpignano), anch’essa col titolo di conte.
Epidemie ricorrenti portate dagli eserciti in transito e dagli scontri militari determinarono l’inizio di una crisi economica inarrestabile che portò spesso la popolazione locale ad emigrare stagionalmente verso la pianura e la Francia del Sud, quest’ultima favorita perchè accomunata dalla stessa parlata: la lingua occitana.
L’Ottocento. Nella prima metà dell’Ottocento non si registrano per Macra avvenimenti di particolare rilievo , ma la crisi economica e la conseguente necessità di emigrare portarono molte famiglie lontano dalla loro terra; quanti rimasero si dedicarono all’allevamento, all’agricoltura e ad altri mestieri necessari alla sopravvivenza.
Dall’Unità d’Italia al Novecento. Con l’Unità d’Italia la Valle Maira ebbe una certa ripresa economica, anche per la nascita di manifatture nell’area di fondovalle; vi si diffuse la bachicoltura e l’industria della seta che impiegava la mano d’opera locale; a Dronero giunse la ferrovia grazie all’interessamento di Giovanni Giolitti, lo statista la cui famiglia era originaria della valle.
I conflitti mondiali. Purtroppo la prima e la seconda guerra mondiale con la Resistenza portarono ovunque, ed anche a Macra, devastazione e morte: molti giovani sotto le armi non fecero più ritorno. Dopo l’ultimo conflitto mondiale in valle vi fu un forte esodo verso le fabbriche della pianura e molta gente emigrò anche verso stati esteri.
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ANTICHI MESTIERI E TRADIZIONI A MACRA
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Il lavoro di chi partiva.
I macresi nel tempo intrapresero le più svariate attività. Molti lasciavano il proprio paese per svolgere lavori stagionali in proprio o a servizio di altri. Ad Albaretto in particolare si sviluppò il mestiere dei bottai . Ad Alma il mestiere degli acciugai caratterizzò, come in altri comuni di valle, l’economia locale. Le donne andavano spesso a servizio in pianura oppure a raccogliere lavanda e a lavorare in Provenza. I bambini venivano dati in affitto stagionalmente ai margari .

Il lavoro di chi restava.
I macresi furono produttori e commercianti di tele di canapa , raccoglitori e venditori di erbe officinali , esperti legnaioli e viticoltori . Coloro che rimanevano si dedicavano principalmente all’ agricoltura e alla pastorizia che in generale forniva la sussistenza alimentare per la famiglie. Il terreno veniva lavorato a terrazzamenti, i cosiddetti “bars”, con coltivazioni di diversi tipi di cereali: orzo, segale, grano saraceno. Sui versanti assolati vi era invece la coltivazione della vite da cui si produceva un vino già menzionato in un documento del 1160. Nel secolo scorso a Macra c'erano sei osterie.


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L’anchoier (l’acciugaio). Con questo termine si indicava il venditore di acciughe , mestiere caratteristico della Valle Maira e in particolare degli abitati posti sulla destra orografica del fiume Maira: dal vallone di Moschieres a Paglieres, Lottulo, Macra e Celle di Macra. Questo mestiere aveva una scadenza stagionale: iniziava a settembre e terminava quando era possibile riprendere i lavori agricoli. Il pesce arrivava dai mari del sud, soprattutto dalla Sicilia, ma anche dal Marocco, Algeria, Spagna e Portogallo, al porto di Genova, dove gli anciuè si rifornivano. Dopo il secondo conflitto mondiale nei grandi mercati si affermarono alcuni grossisti; sorsero così dei veri e propri monopoli di questo commercio gestiti da alcune famiglie, tutte originarie della valle Maira.

Lo cibrier (il bottaio). Con questo nome venivano definiti i fabbricatori di botti, tini, barili, torchi, ecc. Come l’acciugaio, il mestiere del bottaio era un’attività stagionale. Qualcuno lavorava in paese costruendo barilotti, secchi, zangole, ecc. da vendere il lunedì al mercato di Dronero e nei paesi vicini. Altri invece partivano in ottobre verso la pianura, le Langhe, il Monferrato e la Liguria presentandosi nei villaggi, nelle cittadine e nei cascinali per offrire la loro opera. Di bottai ad Albaretto nel 1935 ve n’erano ancora dodici.

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La attività di oggi. Oggi Macra presenta una densità di popolazione molto bassa. la maggior parte dei cittadini adulti svolge la propria attività fuori dal comune di residenza.Ciò nonostante esiste una discreta vitalità nei settori agricolo e turistico grazie alla costanza di alcuni. Ciò avviene in particolar modo nel territorio di Albaretto, in borgata Palent, dove l’unica famiglia attualmente residente ha fortemente investito nella coltivazione di genepy e erbe officinali. In borgata Villar vi è ancora la presenza di agricoltori che producono principalmente ortaggi, patate, lamponi e prodotti biologici.

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Grazie al pregio ambientale della valle, in questi anni nel settore turistico vi sono stati investimenti significativi. Ciò ha permesso la rivitalizzazione complessiva del territorio: una locanda a Camoglieres, alcuni accoglienti rifugi e la buona ospitalità dei Bed&Breakfast nelle borgate Bedale e Palent offrono a Macra servizi ricettivi di qualità molto apprezzati dai turisti.

CULTURA OCCITANA
L’occitano. Esiste un sottile filo che lega Spagna, Francia e Italia da oltre un millennio: la lingua occitana. Di origine neolatina o romanza, già Dante Alighieri nel XIV secolo la classificò come lingua d’oc prendendo come riferimento la particella Òc (dal latino hoc est : è questo, è così) che indicava l’affermazione. Come tutte le lingue, l’Occitano ha delle varianti locali: le principali sono Guascone, Lengadociano, Provenzale, Limosino, Alverniate, Vivarese o Occitano alpino, di cui fanno parte le parlate delle valli occitane d’Italia.
L’Occitania. Il termine Occitania indica l’insieme delle regioni in cui si parlava e si parla ancora oggi la lingua d’òc. L’Occitania corrisponde per la maggior parte al sud della Francia, dove parlano e comprendono l’occitano circa 3 milioni di persone. E’ occitana anche la Val d’Aran nei Pirenei della Spagna, in cui vivono approssimativamente 7.000 abitanti. In Italia l’area occitana comprende le valli alpine a sud ovest del Piemonte al confine con la Francia ed alcune isole linguistiche in altre regioni italiane.
L’area occitana d’Italia. In Italia sono occitane 14 valli e 120 comuni delle province di Cuneo, Torino e Imperia con 180.000 abitanti, di cui la metà è ancora occitanofona. In Piemonte, da sud verso nord, la piccola Occitania d’Italia si estende sul territorio cuneese dall’Alta Val Tanaro, Corsaglia e Maudagna alle valli Ellero, Pesio, Vermenagna, Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita e Po con le laterali Bronda e Infernotto. Proseguendo in territorio torinese, si aprono le valli Pellice, Chisone, Germanasca e la Valle di Oulx, con cui si indica l’alta Val Susa. Appartengono alla provincia ligure Olivetta San Michele e le frazioni Realdo e Verdeggia del comune di Triora; è occitana anche Guardia Piemontese in Calabria, popolata fra XIV e XV secolo da valdesi del Brianzonese e delle valli Varaita e Pellice.
La lingua occitana in alta Valle Maira. Posta idealmente al centro del territorio occitano d’Italia, la Valle Maira ha conservato, anche grazie all’isolamento di alcuni suoi insediamenti, peculiarità tipiche nella pronuncia e nel lessico, che ne fanno un esempio di varietà occitana alpina ancor oggi ben conservata soprattutto a partire dagli insediamenti di Pagliero e Paglieres, e soprattutto da Macra e Celle di Macra in tutta l’alta Valle Maira. Qui l’occitano, detto nòstra mòda, è la lingua di famiglia che però ben si differenzia nella pronuncia da un paese all’altro, e in taluni casi da una borgata all’altra di un medesimo comune.
La lingua nei comuni della media Valle Maira e nel fondovalle. A Busca, Roccabruna, Villar San Costanzo e Dronero, le antiche parlate occitane si sono ormai fuse con il piemontese che risulta predominante. Salendo di quota altimetrica, già da Cartignano e San Damiano Macra, il piemontese viene abbandonato in favore di una “lingua grigia”, mèlange di occitano e piemontese.
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